05/09/2014 Editoriale

Il destino di un bambino

Bizzarre coincidenze del caso: mentre non si fa che parlare di scuola, e soprattutto si promette una ripartenza qualitativa dell’intero sistema educativo, la cronaca ci sbatte in faccia un caso di fronte al quale non ci si può voltare dall'altra parte e tantomeno mostrare l'altra guancia. Mi riferisco alla mesta vicenda delle tre insegnanti di una scuola dell’infanzia di Palma Campania accusate di minacce e maltrattamenti ai danni dei bambini che avrebbero dovuto per ruolo, e forse per scelta di vita, curare, istruire, crescere, aiutare a diventare persone capaci, virtuose. Questa è la prima funzione della scuola: essere cioè la fucina di uno Stato e dei futuri cittadini, far compiere il primo fondamentale passo in una società civile, essere il luogo dove insegnare le regole del vivere comune, il senso del collettivo, il valore della solidarietà. Perché i bambini capiscono tutto, fin dai primi anni. Capiscono subito e velocemente se la loro vita sarà improntata ai rapporti di forza o se ruoterà intorno allo sforzo di costruire insieme un mondo migliore, se cioè varrà la regola del più forte o se farà leva sul senso di libertà, sull'accettazione e il rispetto dell'altro.

Nessuno merita di misurarsi fin dai primi anni di vita con botte e sevizie, minacce, umiliazioni, come i piccoli alunni di Carmela (60 anni), Giovanna (40), Rosa (37), le maestre raggiunte da ordinanze cautelari e ora ai domiciliari. Le ho volute chiamare per nome perché, leggendo la notizia, mi sono domandato con che coraggio si guardavano ogni mattina nello specchio sapendo che agendo così tradivano la loro missione. Giustamente sulle colonne di questo giornale ci si domandava come faranno i bimbi a ritornare in quella scuola e come si farà a curare gli inevitabili danni subiti. Come sempre succede in questi tristi casi, interverranno i servizi sociali e la mia Authority vigilerà perché sia offerto il maggior sostegno possibile alla scuola e alle famiglie. Ma anche i servizi sociali sono al collasso, al Sud più che al Nord d'Italia e occorre sempre misurarsi con la realtà senza inseguire facili slogan o promesse.

Il caso di Palma Campania, unito alla singolare coincidenza temporale con la discussione politica sulla scuola, ricorda a tutti noi che il primo intervento da fare è rafforzare il sistema-scuola nel suo complesso, il che significa maggiori competenze del corpo docente ma anche un sistema di confronto/controllo che riduca al minimo (fino ad annullarlo) il pericolo di nuovi casi di maltrattamenti nelle scuole.

In Italia ci sono migliaia di maestre e professori che fanno il loro lavoro gettando il cuore oltre l'ostacolo, mal pagati e con poche gratificazioni. Finalmente (anche dopo nostri ripetuti solleciti) si è ritornato a considerare la scuola il motore etico-sociale del Paese. Ora bisogna agire, con un strategia d'intervento mirata e stanziamenti certi.

La Campania, già offesa da troppe brutture e da troppo mal parlare, non aveva bisogno di un'altra storia di tristezze collettive. L'Italia, che vuole ripartire, non può pensare di avere una scuola a rischio, fisico e morale. Non può non sperare in un vero concreto cambiamento. A partire dal luogo che, insieme alla famiglia, ha il delicato compito di formare l’individuo: la scuola.

Il Corriere del Mezzogiorno, 5 settembre 2014

Vincenzo Spadafora

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