30/09/2015 Notizie

Più storia, più cultura, più memoria per combattere la mafia

Parole forti quelle di Alfonso Sabella a “Sarai Teens Digital Radio”. L’assessore alla legalità di Roma Capitale, ex sostituto procuratore del pool antimafia di Palermo, intervenuto ai nostri microfoni durante il Festival della Creatività Antimafia “Restart” commenta gli ultimi avvenimenti che hanno interessato la capitale. Dal caso “Casamonica” alle inchieste sulla criminalità organizzata presente in città. Ma, lo fa, da giurista e magistrato, con un occhio attento ai diritti, alla legalità e a come tutto questo influenzi la vita ed il futuro dei più giovani.

“Sono stato quasi contento che ci sia stato il funerale dei Casamonica – rivela l’ex sostituto procuratore di Palermo - Finalmente i romani hanno capito che c’è la mafia nel cuore di Roma. Alcuni ancora negavano. Il funerale è solamente la punta dell’iceberg. Dietro c’è un sistema criminale che Roma non può permettersi”.

Un sistema criminale “originale ed originario del tutto romano”, come ha affermato più volte Giuseppe Pignatone, procuratore della repubblica di Roma, che ha bisogno anche dell’aiuto dei cittadini per essere sconfitto.

“Non basta la polizia, la magistratura, la guardia di finanza. Non bastano le leggi da sole. Spesso quando vado nelle scuole, per incontri, dibatti, convegni, cito una frase di Kennedy: non chiedete cosa il vostro paese può fare per voi, ma cosa voi potete fare per il vostro paese, ma in più aggiungo, controllate, vigilate che chi vi governa faccia bene, nell’interesse di tutti. Il controllo più limpido è quello dei cittadini. Tutto deve diventare pubblico, i cittadini possono e devono verificare”.

“Quale strumento può essere messo in campo, nelle scuole, come nella società, per contrastare le mafie?” hanno chiesto poi i ragazzi di “Sarai”.

“Più storia, più cultura, più memoria. La mafia si combatte con il sapere e la conoscenza. Don Pino Puglisi, ad esempio, non faceva antimafia. Lui insegnava la storia, la formazione, l’educazione civica. A Brancaccio. Per questo è stato ucciso dalla mafia. Provava a tirar fuori dall’ignoranza i più giovani. La scuola ha questo compito: non dia nozioni, dia ai ragazzi la possibilità di formare una propria coscienza. Ignoranza è mafia, cultura è diritto. L’uomo è per natura buono e vincerà  sulle mafie solo se saprà riconoscere il male, fin da piccolo”.

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