22/06/2015 Notizie

Il senso di un incontro raccontato in 60 secondi. VIDEO

Quest’anno l’Authority per l’infanzia e l’adolescenza ha deciso di condividere la quarta relazione al Parlamento con alcune persone (collegate in direatta streaming), alcune realtà, in rappresentanza di tutte quelle che il Garante Vincenzo Spadafora ha incontrato in questi anni, realtà che spesso non hanno voce. Persone che ogni giorno si impegnano per i bambini e gli adolescenti, che traducono le parole in fatti. Tra loro anche adolescenti. A tutti loro, che ben conoscono il peso delle parole, è stato chiesto di trovarne una che riassumesse un modo di sentire e di essere, che raccontasse dell’incontro col Garante, del lavoro comune, una parola anche molto concreta, che racchiudesse un valore simbolico, per offrire un ulteriore elemento su cui riflettere. Ognuno ha avuto 60 secondi di tempo per raccontare la sua parola.

Abbiamo avuto in collegamento:

Viola - 17 anni volontaria del Festival Mare di Libri di Rimini - Festival di letteratura dedicato a preadolescenti e adolescenti, organizzato e gestito esclusivamente da ragazze e ragazzi. La parola che ha scelto è stata: PAROLA.

“La parola agisce sulla realtà e la modifica. Migliore è il nostro uso delle parole, migliore il potere che abbiamo sulla nostra realtà. Le parole sono espressione, distinzione, forza, un mezzo per farci valere. Le parole dette non ci bastano e allora grazie alla lettura attingiamo ad un patrimonio sterminato di parole scritte. La lettura ci permette di vivere altre vite, di non sentirci soli nelle difficoltà. Ci aiuta a risolverle grazie alle parole di autori lontani da noi, nello spazio o nel tempo. Sappiamo che tra i diritti dei bambini e dei ragazzi c'è quello di esprimere la propria opinione, troppo spesso ritenuta irrilevante, priva di sostanza e di esperienza. Raramente ci viene dato diritto di replica davanti ai numerosi stereotipi che definiscono la gioventù di oggi come apatica, poco appassionata, indifferente. Ma noi ragazzi di Mare di Libri (e siamo certi non solo noi) sentiamo il bisogno di esprimerci e di essere ascoltati dagli adulti. Non rivolgetevi ai ragazzi con sufficienza né tantomeno con il sorriso vagamente derisorio di una compiaciuta maturità anagrafica poiché la parola è un nostro diritto che si concretizza unicamente con il vostro ascolto”.

Ahmed - Un adolescente di origine straniera ospite di una comunità per minorenni richiedenti asilo a Mazzarino (Sicilia) che dopo un viaggio difficile è arrivato in Italia. La parola che ha scelto è stata: OROLOGIO.

“L ‘orologio è uno strumento di misurazione del tempo ,  il tempo ha una  dimensione e rappresenta per noi  l’ attesa. L’orologio ha delle lancette , e queste lancette ci sembrano   inchiodate su  un lungo tempo di attesa. Lunga è l’ attesa per essere riconosciuti come persone. Un  lungo tempo  di attesa  per ogni cosa, piccola o grande, che riguarda la nostra vita. Per i minori  non accompagnati  avere un tutore richiede tanto tempo, troppo! Lunga è l’ attesa per avere protezione e per riconoscerla tutti come tale. E lunga è l’ attesa per ridare con generosità al mondo tutto  quello che siamo e il valore che  rappresentiamo come persone. Come dice Erri De Luca: “Siamo deserto che cammina,  popolo di sabbia, ferro nel sangue, calce negli occhi…molte vite distrutte hanno spianato il viaggio, passi levati ad altri spingono i nostri avanti”.

Massimo Andrei - Attore, scrittore, regista. Che anima con le sue storie i sogni di tanti bambini. La parola che ha scelto è stata: TECNOMALEDUCAZIONE.

“Una breve riflessione sulla mancanza di etica e quindi di indicazioni da dare agli adolescenti su come gestire e comportarsi rispetto ai nuovi media, social network o rete in genere, a volte non possono saperlo manco i loro genitori. Gli adolescenti in prima persona, pagano le conseguenze di questa tecnomaleducazione. E non parlo di cose gravi come il cyberbullismo, le offese o addirittura lo stalking, ma basterebbe già parlare dell’uso del selfie. Il selfie è un autoscatto fotografico fatto da soli o in compagnia della ragazza, del tuo cane, i tuoi amici, il divo. Quando è così è simpatico! Ma quando l’adolescente pubblica, invia e mostra selfie/autoscatti continuamente, seduto, in piedi,  sdraiato, vestito, seminudo…dieci volte al giorno, in realtà cosa vuole dirci? Cosa vuole trasmettere? Solitudine? È richiesta di socialità? Voglia di mostrarsi? O è condannato ad innamorarsi della propria immagine riflessa in uno specchio virtuale come un moderno Narciso? - Questo vale anche per gli adulti - Narcisismo? Egocentrismo? O – niente di tutto questo - ci vuole semplicemente affliggere?!”

Giulio - A Conegliano è stato inventato un nuovo modo di prendersi cura dei minorenni che hanno problemi di dipendenza, anche grazie ad una virtuosa collaborazione tra pubblico e privato. La parola che ha scelto è stata: DIVANO.

“La parola divano è per ognuno di noi la metafora della nostra comunità.  Divano è un luogo dove  ripararsi, sedersi e non fuggire prendersi una pausa e poter pensare a ciò che hai fatto e a ciò che farai. Per molti di noi è una via di mezzo tra il dormire e lo stare sveglio. Divano dove  ci si può rilassare o stravaccare guardare la tv o anche no, (difficile lasciarlo quando si va a lavoro). Ricorda casa dove puoi condividere , stare vicino ad altri, guardare un film, ascoltare musica o riflettere semplicemente fissando il soffitto. Divano è anche eleganza e lusso, meno formale della sedia ,ti ci puoi sedere anche in 2 o in 3. Sul divano si  condivide, si sta vicini, si parla, ci si scontra, si fa posto e nascono anche  amicizie. Non dimentichiamo  anche i momenti di svago e di gioco (chiedete ai cuscini  se non ci credete!). Per noi il divano  è famiglia”.

Suvada - Madre di tre adolescenti che, dopo una dolorosa storia familiare, si sono riappropriati del loro futuro. Ora Suvada lavora per un centro antiviolenza per le donne vittime di maltrattamenti. La parola che ha scelto è stata: AUTENTICITA'.

“Ho scelto l’autenticità perché ha un significato importante e l’ho presa in prestito dal mondo dei bambini osservandoli nei loro comportamenti spontanei e autentici. Purtroppo crescendo la vita, la società e tutte le esperienze terribili come quella successa ai miei figli e a me ci portano a perdere di vista questa parola. La violenza costringe le bambine e i bambini a perdere la loro naturalezza, diventando grandi troppo in fretta. Si può essere grandi ma anche autentici e questo a loro viene negato.  L’ingresso al Centro Maree per donne in difficoltà di Roma Città Metropolitana gestito da “Differenza Donna”, mi ha permesso di scoprire il significato della parola autenticità. L’ho vista nei comportamenti delle operatrici, nelle relazioni con loro, nella loro ostinazione, nel sostenerci per il raggiungimento dei nostri obiettivi. Ho iniziato a credere che è possibile vedersi in un futuro migliore e che soprattutto i miei figli potranno avere una vita fatta di impegni, soddisfazioni e non di paura e né di prevaricazioni senza mai perdere la loro autenticità. La stessa autenticità l’ho ritrovata ogni volta che i miei figli ed io ci siamo sentiti ascoltati, accolti, sostenuti solo così abbiamo ritrovato il coraggio e l’ottimismo nel futuro”.

Anna Maria Minicucci - Direttore Generale Azienda Ospedaliera Pediatrica Santobono Pausilipon – Struttura di eccellenza nell’assistenza e cura dei piccoli pazienti. La parola che ha scelto è stata: INTEGRITA’

“L'essere integro, intero intatto,  che  possiede intatta la propria unità' e natura, l'integrità è il nostro valore guida  condiviso all'interno ed  all'esterno dell'azienda e "declinato"  in tutte le dimensioni e relazioni. Il nostro lavoro non è solo finalizzato a garantire l'integrità strutturale, tecnologica ed  organizzativa dei nostri ospedali, ma soprattutto l' integrità morale ed etica, una comunità' di persone  che mettono insieme competenze e valori. Al pari ci prendiamo cura dell' integrità fisica e psicologica dei nostri piccoli pazienti e delle loro famiglie evitando che la malattia del bambino disgreghi come spesso accade, intere famiglie”.

Mirko Trovato – E’ Davide, uno dei protagonisti della famosa serie televisiva “Braccialetti Rossi”, un fenomeno televisivo, seguitissimo anche dagli adolescenti, che racconta le storie di resistenza e riscatto di ragazzi e ragazze che convivono con la malattia. La parola che ha scelto è stata: GRUPPO.

“La so dire semplice e la dico semplice. Una delle cose più belle che abbiamo scoperto coi Braccialetti è questa cosa del gruppo. Nei Braccialetti il gruppo è tutto. C’è quel film bellissimo di Spielberg che è Schindler’s List, dove ad un certo punto c’era una lista, e gli ebrei che avevano il loro nome su quella lista si salvavano dalla morte…e il personaggio nel film dice una battuta semplicissima ma molto forte: la lista è vita. Se sei nella lista ti salvi la vita. Ecco, il gruppo per i Braccialetti è un po’ la stessa cosa: il gruppo è vita. Se sei nel gruppo, per i Braccialetti, non sei chiamato ad annullare te stesso per fare quello che fanno gli altri, ma sei chiamato a pensare con la tua testa, a portare avanti la tua idea, la tua emozione, la tua passione e a condividerla con gli altri, per crescere insieme. Questa è la magia: se sei nel gruppo, non sei lasciato solo e puoi salvarti la vita. Non solo perché condividi il dolore degli altri Braccialetti, ma soprattutto perché puoi condividere la vita. Ma la cosa bella è che il gruppo continua ad esistere anche se purtroppo viene a mancare qualcuno. È in quel momento che capisci ancora di più il valore della vita e ti impegni a vivere anche per quell'amico che non è riuscito a farlo. L’idea che a noi è piaciuta moltissimo, è proprio questa: se non condividi la vita con gli altri e non la vivi per gli altri, la vita vale meno. Ecco io sono il portavoce di questa idea: il gruppo tira fuori la parte migliore di noi che magari fino a quel momento non sapevamo di avere… Ecco, questa è davvero una bella sensazione.”

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